Come e perché veniva usato l’oro nella pittura italiana dal Medioevo al Rinascimento
L’oro veniva usato per rappresentare il non reale, in quanto considerato simbolo. Quello che il pittore vuole trasmettere con l’oro è un’idea di qualcosa di distante e di irraggiungibile, come possiamo osservare nel Cristo giudicante dei mosaici di epoca romanica.
Lo possiamo anche vedere nelle pale del Duccio, soprattutto nella famosissima Maestà del Duomo di Siena, utilizzato per riprodurre le aureole dei santi, decorate a rilievo. Lo troviamo inoltre nei capolavori dei maestri del Due e Trecento la cui ricchezza di dettagli conferisce un’aura di preziosità e raffinatezza che rimanda a una realtà superiore, da ammirare e adorare.
L’oro non era un colore creato da pietre, piante o altro come ad esempio il blu che si ricavava dal lapislazzuli, usato dal Giotto per decorare il cielo della Cappella degli Scrovegni di Padova, ma veniva utilizzato in piccolissime foglie, sottilissime che gli artigiani specializzati del Medioevo detti Battiloro ricavavano martellando delle monete e riducendole in sottilissime lamine, utilizzando per la sua creazione delle monete d’oro da un ducato, lo spessore veniva infatti determinato dal numero di foglie, ognuna di circa 8,5 cm² ricavate da una sola moneta.
Per fissare queste foglie alle superfici, venivano usate sostanze come l’albume, il miele, la gomma, dei succhi vegetali chiamate “mordenti all’acqua” cioè sostanze solubili in acqua che fissavano l’oro.
Il continuo uso dell’oro in questo periodo, si spiega in relazione all’attività degli orafi del Tre e Quattrocento, attività di cui ci parla Cennino Cennini nel suo manuale dell’arte, che illustra le fasi della doratura e le loro abilità. Tecniche queste, descritte dal Cennini, che verranno poi riprese anche dagli artisti del primo Rinascimento per la realizzazione delle loro opere. La scomparsa del fondo oro nell’arte si avrà poi grazie alla scoperta della pittura ad olio e al pittore Jan Van Eyck che diede inizio alla pittura flamminga dove veniva rappresentato il paesaggio nordico, nel quale il protagonista diventa l’uomo e non più il divino.